Protagonista sui campi di Promozione, lavoratore “oscuro” sulla panchina di DNB per la Bakery Pallacanestro Piacentina, società per la quale allena anche l’under 17 Elite…Di chi stiamo parlando? Di Simone Zamboni, con il quale abbiamo parlato della stagione in corso e del suo futuro, tanto in campo quanto in panchina nel ruolo di coach.
Partiamo dall’atto conclusivo: accesso alla finale ottenuto con un percorso netto, sconfiggendo Modena, La Torre e S. Ilario. Contro Fiorano, al Palabigi, la vittoria che ha sancito il vostro ingresso in Serie D. Che partita è stata? Cosa vi ha permesso di ottenere una vittoria simile?
La vittoria finale è stato il risultato di un lungo percorso iniziato a fine agosto 2011 da un gruppo favoloso di cui ho la fortuna di far parte. Nella scorsa stagione ci siamo fermati in semifinale, nonostante il fattore campo favorevole, perdendo gara 3 in casa. Ci mancava un po’ di esperienza ed è venuta meno anche un po’ di fortuna devo dire. In questa stagione a Settembre mi ero sbilanciato dicendo che eravamo più forti, più completi, più esperti e più competitivi. Non sono mancate le difficoltà però, dato che abbiamo avuto problemi a trovare equilibrio… ma quando è stato il momento credo che ognuno di noi abbia messo da parte un po’ del proprio “io” e abbia pensato alla squadra. Questo ci ha fatto fare un un importante salto di qualità mentale per andare a vincere su campi difficili come le Ferraris di Modena, alla Scaruffi di Reggio Emilia e soprattutto all’oratorio di S.Ilario. Credo che a qualsiasi livello non sia facile vedere una squadra che non perde nemmeno una partita di playoffs e noi non eravamo di certo una squadra fuori categoria. Ecco perché credo fermamente che la nostra forza sia stato il gruppo e la nostra coesione. Al Pala Bigi contro Fiorano abbiamo tirato fuori tutto questo. Siamo stati punto a punto per tre periodi, lottando, faticando e venendo fuori prepotentemente nel finale, con le nostre caratteristiche.
Per te partita da top scorer (21) a coronare una stagione da oltre 18 punti a partita. Come giudichi la tua stagione?
Non è stata di certo la mia miglior partita dell’anno. Ma credo finalmente di aver giocato una partita da giocatore maturo. Ho tirato male, mi sono preso i tiri che la squadra si aspettava che facessi, non li ho messi, ma non mi sono innervosito come accaduto in passato. Sono andato avanti, ho cercato di difendere, andare a rimbalzo, aspettando di entrare finalmente in ritmo in attacco. Nell’ultimo quarto mi sono acceso e ho fatto buone cose. La mia stagione è stata piena di alti e bassi. Già dall’inizio della stagione sapevo che avrei fatto molta fatica ad allenarmi, perché lavorare, allenare le giovanili e fare l’assistente in DNB porta via un sacco di tempo, energie sia fisiche che mentali. In questo sono stati fondamentali i miei compagni e coach Fiesolani che non mi hanno mai fatto pesare le mie assenze o i miei ritardi agli allenamenti o alle partite. E’ capitato spesso che mi allenassi 40/45’ o che arrivassi a partita iniziata o senza fare riscaldamento addirittura. A fine stagione pensavo di arrivare cottissimo, senza gambe, invece devo dire che stavo bene.
Scorrendo un po’ il roster fidentino balza subito all’occhio la bassissima età media: tu, a 29 anni, ti sei trovato ad essere il giocatore con più esperienza. Come hai accolto questo ruolo in estate?
La mia posizione in squadra è abbastanza strana, nel senso che ho allenato la maggior parte dei ragazzi che ora sono miei compagni di squadra. Sono ragazzi che conosco da quando facevano minibasket. L’età media della squadra è davvero bassa e io e Armellini siamo i più vecchi. E’ scontato che essere il giocatore con maggior esperienza è una bella sensazione, perché a prescindere, hai rispetto e vieni ascoltato in ogni situazione. Ma è anche una responsabilità, perché a parole quasi tutti sono bravi a farsi rispettare, poi bisogna però dimostrarlo coi fatti, sul campo. Altrimenti perdi via via credibilità. Non c’è stato bisogno di essere ricoperto da qualcuno di nessun ruolo. In ogni squadra in cui ho giocato gli equilibri si sono formati in modo naturale, sul campo e fuori. Ognuno con la sua personalità si prende il proprio spazio. Io mi sono preso il mio.
Cosa manca ora a questa squadra per poter affrontare una Serie D?
Non manca nulla. A Fidenza abbiamo una generazione di giocatori locali che vale almeno una categoria più su. Parlo dei fratelli Avanzini, Canali, Gorreri.. quest’anno impegnati proprio in serie D a Salsomaggiore, con cui hanno raggiunto i playoffs. Questi nomi già potrebbero garantire una comoda salvezza nel nuovo campionato. Ma l’ottica della Fulgor deve rimanere comunque quella di far crescere i propri giovani. Quest’anno è “esploso” Sichel del ‘94, che giocava con noi e in doppio tesseramento a Salsomaggiore in D. La sua crescita a livello mentale, di scelte e personalità è stata sorprendente. La sua progressiva crescita è stato uno dei nostri segreti. Poi molti ’95-’96 e pure ’97 si sono allenati con noi in questa stagione. Qualche innesto di esperienza deve essere fatto comunque. La serie D non ha nulla a che fare col campionato di Promozione. Il salto è grande, sia a livello tecnico che fisico.
Hai affrontato un campionato di livello sicuramente più basso rispetto, per esempio, alla C2 che hai giocato a Roveleto. Ma qual era secondo te il vero livello della Promo di quest’anno?
Ogni anno si sente dire che il livello di qualsiasi campionato è più basso. Ritengo che dopo l’allargamento della C2 emiliano romagnola e la conseguente formazione di due gironi avvenuto qualche anno fa, inevitabilmente i gironi di serie D e Promozione si siano un po’ impoveriti di squadre di livello e soprattutto giocatori. La mia sensazione è che quest’anno il nostro girone fosse di livello più basso rispetto la scorsa stagione. Alcune squadre avevano difficoltà come San Secondo che non aveva cambiato quasi nulla dalla Prima Divisione e che ha vinto solo due partite, Borgotaro che faceva giocare tanti giovanissimi e pagava perciò lo scotto dell’inesperienza, Montebello che è stata una squadra costruita all’ultimo momento. C’era molto equilibrio invece nella fascia centrale e anche in vetta, a parte Cortemaggiore che ha dominato la stagione regolare. Difficile comunque fare paragoni tra un’annata e l’altra.
Sappiamo che, complice anche il tuo impegno per la Pallacanestro Piacentina (vice allenatore DNB, allenatore U17Elite), ti trasferirai in città. Questo inciderà in qualche modo sul tuo futuro come giocatore?
Si il mio impegno con Bakery Basket e il fatto che a Luglio convolerò a nozze e mi stabilirò a Piacenza incideranno sicuramente sulle mie scelte. Da un paio di anni la mia priorità, oltre che il lavoro ovviamente, è allenare. Giocare per me è divertente, è uno “sfogo” serale, ma non più fondamentale. Rimanere a Fidenza e fare la serie D coi miei compagni sarebbe bello, ma so che è molto difficile per tanti motivi. Vedrò come mi “accoglierà” la mia nuova città, ma non escludo neppure di smettere di giocare e dedicarmi completamente alla Bakery Basket.
Giocatore e allenatore: ormai sono tanti anni che ti si vede in questa doppia veste. Quale ti ha dato finora maggiori soddisfazioni, e perché?
Sono emozioni diverse. L’emozione e l’adrenalina che scorre in corpo da allenatore, vedendo la tua squadra che fa una buona difesa o uno schema eseguito alla perfezione, sono differenti da una tripla segnata in campo o un assist servito ad un compagno. Non sono paragonabili.
Diciamo però che il basket giocato lo vedo come un capitolo in via di conclusione, un passatempo serale, che svolgo comunque con impegno ovviamente.
Allenare invece è un capitolo che sento in continua evoluzione, dove sento di crescere ogni anno. Vedo quindi questi due mondi con ottiche diverse e li vivo perciò in modo diverso.
Per concludere vorrei ringraziare pubblicamente i miei compagni per questa fantastica stagione e coach Fiesolani per aver sempre creduto in questa promozione, anche quando forse neppure noi giocatori ci credevamo. E’ stata una splendida cavalcata!
Luca De Micheli