La sera del 23 febbraio a Lake Mary, Florida è scomparso David Adair. Forse gli appassionati di basket se lo ricorderanno. Arrivò in Italia a metà degli anni ’80, al seguito del suo compagno di squadra e stella della Southern Florida University, John Ebeling, che all’epoca incantava i tifosi di Ferrara.
David, classe 1960, piccolo playmaker di origini irlandesi, una roccia a cui non rubavi mai il pallone, non ebbe altrettanta fortuna. In quegli anni le squadre di serie A potevano schierare solo due stranieri e per lui non ci fu posto. Forse per amore, forse per destino, giunse fino a Piacenza.
Si fermò da noi poco tempo, ma, nonostante questo, gli venne data la possibilità di allenare i giovani dell’allora squadra della Cassa di Risparmio. Con tutto il rispetto per gli altri allenatori che ho avuto, quel poco di come si gioca a basket l’ho imparato da lui.
Andavamo ad allenarci, portati da un traballante furgone Volkswagen, nella palestra di San Rocco e tra quelle mura David non faceva prigionieri. Allenamenti durissimi, uno contro uno, uno contro cinque, sessioni infinite di tiro…
Per noi era tutto fantastico. In tempi in cui non c’era internet, non c’era youtube, ma c’era solo una partita NBA la domenica mattina, quella del “mamma butta la pasta”, in tempi in cui si guardava ai vent’anni come all’età adulta, David era l’America, David era la magia del basket.
Se n’è andato giocando a basket per un attacco di cuore, perché quello era l’unico modo per rubargli la palla.
Rest in peace, coach Adair
il maestro per PiacenzaSera