Il suo carattere lo ha mostrato fin dal primo giorno. «E’ nata settimina – racconta la mamma – pesava un chilo e 200 grammi. E già allora le infermiere la chiamavano “la vipera”». Dal 2006 Anna Corvi è cresciuta, adesso frequenta la seconda media alla Genocchi («la materia preferita? Scienze») ma soprattutto gioca a pallacanestro e lo fa molto bene. In campionato veste la casacca del Progetto femminile Città di Piacenza e recentemente ha preso parte anche alle selezioni provinciali di categoria. Insomma, è una che ci sa fare, milita nel campionato Under 13 a cui partecipano anche formazioni di Parma e come tutte le ragazzine ama fare canestro. «Il ruolo che preferisco è l’ala, perché a me piace vedere il pallone che si infila nella retina. Il mio record? Non tengo sempre il conto, quest’anno penso nove, ma lo scorso anno sono arrivata anche a undici. Però il mio allenatore mi dice sempre che in difesa devo migliorare». Fin qui non c’è nulla di particolare, sembrerebbe la storia di una qualsiasi ragazzina che fa sport insieme alle amiche. Perché di amiche Anna ne ha tante e si vede da come si abbracciano non appena entrano in palestra. A renderla particolare è quella che in gergo si chiama emimelia, una malformazione congenita che comporta la mancanza di un segmento osseo degli arti. In pratica Anna gioca senza una parte del braccio sinistro, formato solamente fino al gomito. Una menomazione che avrebbe fermato, o almeno rallentato, tante persone. Lei no, perché da quando ha iniziato a giocare è stata subito travolta dalla febbre della pallacanestro che non l’ha più abbandonata. «Ero alle elementari – racconta – e Marco Merli, il mio attuale allenatore, è venuto a scuola a farci giocare. Allora facevo nuoto, ma la pallacanestro mi è subito piaciuta e ho deciso di cambiare disciplina».“
„Il suo tecnico ascolta e aggiunge qualche particolare che conferma il carattere di questa ragazzina dagli occhi svegli e dalla parlantina sciolta. «Veniva sempre in palestra con la felpa e non mi ero accorto che giocasse con una protesi, utilizzata nella vita di tutti i giorni». Il basket è servito anche a lasciare quell’arto artificiale in un cassetto. «Adesso faccio senza – spiega – perché non mi aiutava per niente. Anzi, mi dava fastidio e non riuscivo a compiere tutti i movimenti come avrei voluto».“
Si allena tre volte la settimana e nel week end gioca le partite con la sua squadra. «Il campionato va così così – non si nasconde – qualche partita la perdiamo. Ma io mi arrabbio solo quando non riesco a fare canestro». Sulle tribune, a seguire ogni incontro nelle vesti di tifosi appassionati, la mamma Simona e il papà Roberto. La madre confessa di non avere mai fatto sport, mentre il padre è stato protagonista nei Cinghiali, la storica formazione piacentina di football americano. L’unico collegamento con il basket è lo zio, il resto è tutta farina del sacco di Anna. «La pallacanestro a volte la guardo anche in televisione, ma a me piace soprattutto giocarla. La partita migliore? Forse quella con il Magik Parma, ho segnato parecchio ma principalmente abbiamo giocato bene come squadra». Poi arrivano i complimenti al suo tecnico: «Marco è bravo, ma quando sbagliamo ce lo dice chiaramente e qualche volta si arrabbia anche. Però se ci esprimiamo bene è soddisfatto, anche se ci sprona a fare ancora meglio».Lui ascolta a poca distanza, sorride e gli si illuminano gli occhi. «Da quando l’ho conosciuta – ricorda il tecnico – è nata una comunione di intenti che ha coinvolto ovviamente anche la famiglia e che ha portato a degli ottimi risultati. Anna a livello motorio ha qualità incredibili e a un certo punto le ho detto: hai voglia di provarci? Poi ha fatto tutto da sola, sorprendendo anche la mamma e il papà per i risultati che sta raggiungendo».
E diventando un esempio per tutto il gruppo. «Nella pallacanestro adesso si parla sempre di più di ambidestrismo, di allenare la mano forte e quella debole. Lei durante le sedute in palestra non mi ha mai chiesto nemmeno una volta: cosa faccio con la mano sinistra? Riesce sempre ad adattarsi in modo incredibile perché quello che fa con la destra vale per due».
E soprattutto non chiede nessun trattamento di favore. «Una volta una allenatrice avversaria chiama tempo e sento che dice a una sua ragazza: guarda che a lei non interessa niente di non avere un braccio. O le stai appiccicata addosso o ti massacra di canestri».
Intanto Anna inizia a palleggiare, perché è arrivato il momento più bello, quello in cui inizia l’allenamento, e non vuole perdere nemmeno un istante. Ma è ovvio che prima bisogna parlare del futuro e degli obiettivi che vorrebbe raggiungere. «Sicuramente continuare a giocare a basket e raggiungere il livello più alto possibile. Il mio sogno? Esordire in Serie A». La mamma a fianco sorride, lei la guarda e aggiunge: «Ho esagerato? Va beh, ma il mio obiettivo è quello».
Da SportPiacenza